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FAP - Filtri Attivi Antiparticolato

Una grossa fonte di inquinamento (ma non certo la peggiore) è il traffico con i suoi gas di scarico. Il problema si è sensibilizzato sui motori diesel con il particolato o, meglio, con le polveri sottili (PM10 particelle dalle dimensioni inferiori a 10 millesimi di millimetro) che vengono rilasciate nell’ambiente. La prima casa costruttrice a cercare di affrontare il dilemma è stato il gruppo PSA Peugeot Citroen con l’introduzione di un “filtro” che avrebbe dovuto risolvere il problema. Successivamente prenderà il nome di FAP (Filtri Attivi antiParticolato). I motori diesel, nella camera di scoppio, producono dei gas contenenti particolato grossolano dalle dimensioni facilmente rilevabili con i più comuni strumenti di analisi. Lo scopo del FAP, collocato lungo il tubo di scarico, è quello di trattenere il più possibile le particelle solide nocive rilasciate dopo la combustione in camera di scoppio. In aiuto a questo sistema è stato inserito un additivo chiamato ossido di cerio, il quale ha la duplice funzione di ammassare più polveri sottili possibili (in modo tale da essere trattenute più facilmente dal filtro) e di abbassarne la temperatura di combustione (450°).

Fino a qui sembra un sistema infallibile anche perché effettivamente la quantità di particolato allo scarico è drasticamente ridotta (se il filtro non è in fase di pulizia) rispetto una macchina senza FAP. Ricordiamoci però che: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma (Antoine Lavoisier). Quindi, il filtro, non avendo una capacità infinita di trattenere queste polveri, da qualche parte le dovrà far uscire: ed è qui che cominciano i più comuni problemi di veicoli dotati di filtri per il particolato!
Dopo poche centinaia di chilometri il filtro si riempie e in qualche modo esso si deve ”lavare” per poter trattenere poi altre particelle. In questo momento dalla centralina motore vengono eseguite diverse post iniezioni di gasolio per innalzare la temperatura del filtro fino a bruciare le particelle ammassate precedentemente riducendole a nano dimensioni difficilmente rilevabili dagli strumenti di analisi. Questo non vuol dire che non ci siano, ma solo che ne è stata ridotta drasticamente la dimensione. Il risultato di questo “filtro” è dunque quello di trattenere per un certo kilometraggio più particolato possibile, per poi liberarlo nell’aria sotto forma di particelle ultrafini e ossido di cerio.

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